Insediamento rupestre di Rivolta a Ginosa (Taranto) (foto di Vincenzo Stasolla)

Negli ultimi decenni un numero piuttosto elevato di cimiteri altomedievali è stato scavato in Italia meridionale, sebbene di solito sono stati analizzati nei loro aspetti “formali”, come la natura dei corredi funerari (quando presenti) e le tipologie di sepoltura, in relazione, in alcuni casi, alle questioni connesse all’etnicità. Questi scavi forniscono dati di grande potenziale. Oggi lo studio dei resti umani consente una migliore comprensione delle popolazioni, degli indici di mortalità, della natura e dell’incidenza delle patologie e della nutrizione (attraverso analisi stabili degli isotopi). Il progetto prevede uno studio antropologico dei gruppi umani che vivono nelle varie aree geografiche considerate nel progetto e un programma di campionamento in modo da affinare le cronologie (C14), gli aspetti nutrizionali e la provenienza (isotopi stabili e, si spera, analisi genetiche), paleopatologia. Le fonti scritte indicano che il movimento delle persone attraverso le aree del Mediterraneo era relativamente frequente: basti pensare al ripopolamento del Salento in epoca bizantina da parte di persone provenienti dall’Anatolia, la Grecia e i Balcani, all’immigrazione araba in Sicilia, ecc. Pertanto, insieme alle fonti documentarie, le analisi degli isotopi stabili e della genetica possono esprimere il loro potenziale per valutare la mobilità demografica, giungendo ad una comprensione dei processi di interazione sociale e culturale attraverso il Mediterraneo e oltre.

Ulteriori indicatori di mobilità possono essere riconosciuti anche nella comparsa di artefatti atipici all’interno dei territori in esame. La Sicilia orientale, ad esempio, vede l’apparizione di una serie di olle a stuoia realizzate a mano attraverso la tecnologia a lastra (slab technique), che non trova precedenti sull’isola o nei vicini territori bizantini.